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Marco Cassioli,

Frontiera e transito. La Val Nervia fra Liguria e Provenza

Notes de la rédaction go_to_top

Préface de Jean-Paul Boyer, Marietti 1820, Bologna 2018, pp. 258 ISBN 978-88-211-8038-5

Texte intégral go_to_top

1Il testo di Marco Cassioli condensa il lavoro di tesi di dottorato svolto in cotutela fra l’Università di Torino e l'Université d’Aix en Provence. La scelta di lavorare a cavallo fra le due istituzioni, relativamente prossime territorialmente, l’una italiana l’altra francese, si è rivelata senz’altro ottimale al fine di affrontare tematiche storiche relative a risvolti politici e territoriali che hanno interessato lo spazio della Val di Nervia. La Val di Nervia si estende nella parte occidentale della provincia di Imperia, in Liguria, per circa 25 km2 dalla sorgente del torrente Nervia che scorre poi gettandosi nel Mar Ligure; i rilievi sono molto selvatici, aspri e la natura è costituita per lo più da boschi, gole pendii ripidi. Il ruolo strategico della Valle è stato sempre conteso, nel corso del Medioevo, da Genovesi e Provenzali mentre, in epoca moderna, da Genovesi, Piemontesi e Francesi.

2Il lavoro di Marco Cassioli è suddiviso in tre parti: nella prima, l’analisi è volta all’età medievale della valle; nella seconda parte invece viene considerata la prima età moderna. Una terza parte, invece, è dedicata a confini e società; poi si giunge a sezioni dedicate a conclusioni, fonti utilizzate, bibliografia, indici e carte. Nella parte finale è anche prodotto un utile testo di sintesi in lingua francese. Il testo di Cassioli si concentra essenzialmente su quelle che sono le vicende politiche, economiche, rurali e comunitarie di una serie d’insediamenti sparsi lungo la valle. Sono ricordate Mentone, Ventimiglia, Sanremo e Bordighera, centri nevralgici posti sulla costa, con i quali esistono connessioni con insediamenti più piccoli che costituiscono il cuore attivo e pulsante della Valle: Camporosso, Dolceacqua, Perinaldo, Apricale, Isolabona, Baiardo Castelvittorio, Pigna, Buggio, Triora, Ceriana, Rocchetta Nervina, Airole, Saorge Fontan. Nell'introduzione l'autore dà largo spazio alle citazioni di studiosi ed eruditi che sono stati interessati ed hanno scritto sulla Valle o su alcuni paesi di quest’ultima: vengono ricordate opere del XVII secolo (di Pietro Goffredo e di Girolamo Di Rossi), del 1800, sulla storia del Marchesato di Dolceacqua, per giungere agli studi novecenteschi di Nilo Calvini e Francesco Ferraironi che dedicano attenzione a Camporosso ed Apricale.

3Il lavoro è stato svolto consultando soprattutto fonti scritte inedite conservate in biblioteche e archivi di stato, diocesani e parrocchiali.

4Fra il basso medioevo e il 1796 la Val di Nervia è stata una marca di frontiera posta fra differenti amministrazioni di diverse dominazioni: la Provenza angioina, la Repubblica di Genova e poi lo Stato Sabaudo. Tra il XII e il XIII secolo si cominciarono ad avvicinare e poi si assestarono in quest'area territoriale i possedimenti di Carlo I d'Angiò, del comune di Genova e del Nobile Oberto Doria a detrimento dei signori locali, conti di Ventimiglia. A quel tempo ben sette villaggi erano fortificati Apricale, Baiardo, Castel Vittorio, Dolceacqua, Perinaldo, Pigna e Rocchetta.

5Governavano tali villaggi gruppi familiari stabili che ne gestivano le cariche pubbliche. I grandi interessi per la coltura del castagno e le ideali condizioni per l’allevamento del bestiame attirarono l'attenzione del comitatus Ventimilii. Tra la fine del XII e per tutto il XIII secolo si determinarono una serie di lotte armate che portarono i villaggi a schierarsi per una fazione o per l'altra. Genovesi e Provenzali ridefinirono territori d’influenza e possedimenti con il Trattato di Aix en Provence, nel luglio 1262. Contestualmente Oberto Doria cominciò a crearsi un ricco patrimonio attraverso l'acquisto di Loano e facendo vasti investimenti nel territorio di Dolceacqua.

6Le ragioni del contendersi i territori e gli insediamenti sono molteplici, riscontrabili, in primis, nel nevralgico ruolo, rappresentato dalla Valle, di crocevia fra l'area ligure, provenzale e padana; in secondo luogo, per le peculiari e notevoli produzioni agricole che si erano sviluppate durante il medioevo. Il territorio era dotato di alcuni primari percorsi realizzati soprattutto in relazione alla transumanza del bestiame (iter moratori, via Toroxelli), ma che univano e avvicinavano anche i vari villaggi.

7Grandi boschi assicuravano enormi approvvigionamenti di legna destinati anche ai cantieri navali sulla costa (querce, faggi, abeti). Per la realizzazione dei tini per il vino sono ricordati in particolare i boschi di Baiardo e Pigna. Il castagno, il fico e l'olivo, rappresentano, invece, gli alberi da frutto coltivati per l'intero arco del basso medioevo.

8Nel 1276, terminata la guerra contro Carlo I D'Angiò, Roberto Doria sviluppò una riorganizzazione della Valle acquistando anche i villaggi di Apricale e Dolceacqua. Furono, inoltre, assicurate franchigie e permessi per gli spostamenti del bestiame e furono accordati particolari privilegi per favorire il popolamento di alcuni insediamenti. Tali mosse politiche ed economiche crearono una spaccatura ed una competizione fra villaggi e poteri locali: ad esempio Isolabona riuscì con il tempo a staccarsi dalla giurisdizione di Apricale, nel 1573.

9Oberto Doria favorì anche la fondazione di nuovi insediamenti come, ad esempio, Abelium. Notizie su tale insediamento, posto sul monte Abellio, sono relative agli anni 1323-1341: si trattava di un sito fortificato tenuto conto che era attestata una guarnigione ed un castellano provenzali. Probabilmente, dunque, l'insediamento di Abelium fu conteso fra Roberto D'Angiò e i Doria.

10Dal punto di vista demografico, la documentazione sembra descrivere insediamenti piccoli e una stima approssimativa su base documentaria dei fuochi lascia supporre che la Val di Nervia angioina, alla metà del Trecento, contasse circa 1100 abitanti.

11Territorio dai confini labili, spesso rappresentati da corsi d'acqua, da pietre, da croci e da alberi riconoscibili o riconosciuti e fissati dalle autorità locali, per tutto il XIV secolo la Val di Nervia fu teatro di discordie fra D'Angiò e Doria, così come fra i singoli abitanti bisognosi di percorrere strade e sentieri che spesso si trovavano in giurisdizioni diverse e avverse.

12Gli abitanti della Valle certamente svilupparono un senso di appartenenza ai luoghi (montagne, boschi, insediamenti, sentieri) ma mai ai poteri signorili, talvolta lontani, effimeri e non in grado di provvedere alle difese del territorio.

13Alla fine del XIV secolo, impoverite le popolazioni e indebolite le autorità locali, (i Provenzali in particolare) si crearono le condizioni ottimali per l'inserimento e l'affermarsi della sovranità sabauda nella Valle; ma il dominio sulla valle, dopo un secolo dall'ingresso del conte sabaudo Amedeo VII a Nizza, restava debole.

14Il ‘400 s’impose come un secolo di rilancio demografico rimarcato anche dalle messe a coltura di nuove ambitissime terre; purtroppo il possesso della terra portò anche a razzie e urti fra insediamenti vicini (come accadde fra Apricale e Baiardo) e a mediazioni e contrasti con i poteri signorili e centrali. Al centro delle controversie, oltre ai nuovi appezzamenti messi a coltura, vi erano anche gli ampi pascoli e le aree boschive.

15Nella seconda parte del libro, l’autore si concentra sulle vicende della Val di Nervia nella prima età moderna.

16Nel XVI secolo la valle si connotava per essere territorio di frontiera. Antonio Giustiniani, nella Descrittione della Lyguria, registrava un numero di fuochi che raggiungeva la stima approssimativa di 11000 abitanti circa, sebbene Cassioli sottolinei correttamente che i numeri citati dal Giustiniani non possano essere verificati e forse non siano del tutto attendibili. Secondo la stima dell’umanista Rocchetta, Teggia, Pigna e Castelfranco risultavano gli insediamenti più popolosi.

17Lo studio delle fonti scritte riesce a fornire anche alcune informazioni sulle occupazioni e le competenze di alcuni homines che abitavano la valle. Si ricordano i generici magistri e i notai; inoltre va citato un vasto numero di operatori legati ai settori produttivi primario e secondario: contadini, allevatori, fornai, mugnai. Fra gli artigiani spiccano i fabbri.

18Da alcuni elenchi di gabelle è stato possibile comprendere quali produzioni agricole erano realizzate e poi esportate. Dalla valle si muovevano “vino, frumento, spelta, orzo avena, fave, fichi, lenticchie, ceci, nocciole, mandorle, castagne, olio e panni”. Dal restante territorio ligure giungevano nella valle “ferro, acciaio, formaggi, carne salata, corde, canapa, lino, tela, pesce salato, recipienti in terracotta, bronzo e legno”.

19L'autore si sofferma con ragione sulla curiosa importazione di formaggi allorché la valle produceva latte e formaggio. La corretta ipotesi è che i prodotti caseari fossero di differente qualità e tipo (p. 104). Toma e ricotta erano tipici della Valle ma di qualità diversa dai rinomati formaggi piacentini e parmensi.

20Si potrebbe forse aggiungere che un analogo discorso sulla “diversità” di prodotto andrebbe esteso alla carne e al legno: appare strano che nella valle si importi carne salata e che una zona montana necessiti di legname, a meno che non si tratti di materia prima differente, utile per specifici utilizzi o migliore qualità. Questioni quali la realizzazione, l'esportazione e l'importazione di formaggi erano inoltre legate alla produzione del latte ed al possesso e affitto di numerosi capi di bestiame che dovevano pascolare in terreni di proprietà o affittati. Problematiche che si intrecciano con le possibilità di investimento e di accumulo patrimoniale degli abitatores della valle.

21Fra gli uomini facenti parte dell'elite della Valle di Nervia spiccavano i Doria di Dolceacqua che erano impegnati nel campo della produzione di vino, olio e carta. Insediati nella valle dal XIII secolo, i Doria avevano comperato enormi vigneti e oliveti: l’apprezzato vino giungeva soprattutto a Ventimiglia, mentre l'olio veniva utilizzato sia per usi alimentari, sia nella realizzazione di saponi. L'olivicoltura però si era sviluppata piuttosto nel XV secolo, difatti molto scarse sono le attestazioni per i secoli immediatamente precedenti. Inoltre i Doria si assicurarono il monopolio sull’edificazione di mulini e frantoi. Proprio quest’ultimi raddoppiarono nel corso del XVI secolo. In tale contesto cronologico i Doria decisero di investire nella produzione della carta: tale manufatto, infatti, ben si inseriva nel mercato internazionale. Cassioli sottolinea la scelta lungimirante di impiegare denaro in tal settore dal futuro successo poiché nell'immediato la carta rappresentava solo una piccola percentuale del reddito familiare a fronte del 45% connotato dalla vendita dell'olio .

22Nei primi anni del ‘500, però, si giunse all’allontanamento dalla Val di Nervia di Bartolomeo Doria che trovò rifugio presso il marchese di Saluzzo grazie all'interessamento francese. La Cacciata avvenne ad opera dell'arcivescovo Agostino Grimaldi, al quale giurarono fedeltà i sindaci di Dolceacqua, Apricale, Isolabona e Perinaldo. Dopo varie vicissitudini, fra il 1527 ed il 1528, Agostino Grimaldi fu scacciato e i Doria riaffermarono i loro possedimenti anche grazie all'aiuto dei Savoia. Il ‘500 ligure si connota anche per alcune figure di spicco nell'ambito ereticale e del protestantesimo, come Giovanni Francesco Ughetto. Per il territorio di Pigna è stato redatto da Cassioli un elenco delle persone che dovettero abbandonare l'insediamento per motivi religiosi. Nel Seicento, invece, si assiste all'ascesa di alcuni gruppi familiari come i Sicardi anche grazie alle spaccature confessionali createsi nella valle.

23Nella terza parte del testo l'autore dedica spazio al tema dei confini del territorio e degli insediamenti della valle. Le caratteristiche geomorfologiche della Val di Nervia connotavano i confini e limiti di certi territori: fra Pigna e Castelfranco, ad esempio, la presenza di una sorgente d'acqua sulfurea rendeva non solo fisica ma addirittura olfattiva la percezione del confine fra i due villaggi. Altrove la demarcazione era ottenuta con l'utilizzo di cippi in pietra che venivano manutenuti e controllati regolarmente dalle autorità. La realizzazione dei controlli era suffragata dalla memoria di vecchi incaricati e di bambini che acquisivano così ricordi ulteriori e necessari per nuove ed eventuali delimitazioni future. A mo’ di confine potevano essere considerati anche valloni, ponti, monti, ruscelli, alberi e rocce particolari. All'interno di micro territori dai limiti spesso labili, si assisteva alla mobilità diffusa di uomini e artigiani legati a specifiche attività, muratori, tessitori, pastori. Le strade rimanevano, inoltre, fondamentale riferimento per ogni uomo indigeno o straniero in quanto favorivano la mobilità e l'approvvigionamento, l'infrastruttura necessaria per la circolazione di uomini e cose. Proprio sulla questione relativa alla costruzione di una nuova strada potevano convergere politiche comuni o contrapposte, come accadeva nel 1672: il comune di Pigna propose la costruzione di un più comodo percorso stradale che univa Dolceacqua e Soargio.

24Il testo di Cassioli, corredato di cartine, indice tematico e aggiornata bibliografia, è un ottimo studio sullo sviluppo diacronico di un contesto territoriale. La metodologia è legata all’utilizzo delle fonti scritte; ciò consentirà ulteriori approfondimenti in prospettiva con l’integrazione di dati archeologici e topografici che potrebbero meglio chiarire sia gli aspetti delle difese (torri e castelli difendevano l’area), che delle reti diocesane (chiese), che della viabilità principale e secondaria, non rinunciando anche alla possibilità di aperture all’archeologia del paesaggio e della produzione (individuazione di opifici, mulini ecc.). I vari passaggi dello studio del Cassioli toccano temi di ricerca battuti a livello nazionale ed internazionale. Tanti sono gli spunti che potrebbe trovare il lettore. Qui ci si limita a segnalare sedi di dibattito recente su alcuni argomenti toccati nel testo. Se è vero che la viabilità, la demografia e il popolamento delle valli del territorio italiano sono e sono state oggetto di attenzioni, è anche vero che poche sono state le considerazioni su alcuni punti ben sottolineati dall’autore. Sui confini nel medioevo, ad esempio, i problemi sollevati da Werkmuller negli anni ‘70 e ’90 del secolo scorso hanno poi trovato seguito nel testo di Lagazzi (Segni sulla terra. Determinazione dei confini e percezione dello spazio nell’alto medioevo, Bologna 1991) e di recente in quello di Azzara (Marcare il confine nell’Italia dei Longobardi in S. Siniscalchi (a cura di), Scritti dedicati a Vincenzo Aversano, Fisciano 2014, pp. 395-405).

25I temi di geografia storica e ricostruzione delle dinamiche e dei ritmi insediativi proposti da Cassioli restano temi stimolanti fra gli studiosi, sebbene non sempre coordinati ed inseriti in momenti di confronto: il bel convegno su Spazi, tempi, misure e percorsi nell’Europa del Bassomedioevo (Spoleto 1996) resta praticamente un unicum.

26Nel solco dei tanti studi sull’alimentazione, molto caro a uno studioso come Montanari, ultimamente è stata prodotta tanta ricerca, focalizzata, in particolare, sul tema del latte e dei formaggi (Latte e latticini: aspetti della produzione e del consumo nelle società mediterranee dell'Antichità e del Medioevo. Atti del Convegno internazionale di studio promosso dall'IBAM-CNR nell'ambito del Progetto MenSale, Atene, 2-3 ottobre 2015, Lagonegro 2016, a cura di I. Anagnostakis e A. Pellettieri; G. Archetti – G. Bertoni, Latte: seguendo la via lattea, Milano, 2017; La civiltà del latte: fonti, simboli e prodotti dal tardoantico al Novecento. Atti dell'Incontro nazionale di studio (Brescia, 29-31 maggio 2008), a cura di G. Archetti e A. Baronio, Brescia 2011).

27Sulla pesca e sulla conservazione del pesce va segnalato il convegno curato dal compianto V. D'Arienzo con B. Di Salvia (Pesci, barche, pescatori nell'area mediterranea dal Medioevo all'età contemporanea. Atti del quarto Convegno internazionale di studi sulla storia della pesca. Fisciano-Vietri sul Mare-Cetara, 3-6 ottobre 2007, Milano, 2010).

28Alfredo Maria Santoro



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Marco Cassioli, « Frontiera e transito. La Val Nervia fra Liguria e Provenza », Mémoire des princes angevins 2018, 11  | mis en ligne le 27/12/2018  | consulté le 18/12/2024  | URL : https://mpa.univ-st-etienne.fr:443/index.php?id=415.