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Alfredo Maria Santoro,

Presentazione del volume Le diocesi nell’Italia meridionale nel Medioevo. Ricerche di storia, archeologia, storia dell'arte, a cura di Maria Cristina Rossi, Veronica De Duonni. Volturnia edizioni, Favia di Modugno (Bari)

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1Il volume sulle diocesi nell'Italia meridionale nel Medioevo, nella bella veste editoriale della collana diretta da Federico Marazzi, curato da Maria Cristina Rossi e Veronica de Duonni, raccoglie gli atti relativi al convegno omonimo del 2018 svoltosi presso la città di Benevento e organizzato dall'associazione culturale MeCA (Mezzogiorno Cultura Arte). Nell'introduzione viene posta l'attenzione sul ruolo diocesano nel tessuto sociale e nelle dinamiche politica, culturale e artistica nei territori pertinenti. Ovviamente la vocazione del MeCA è volta alla partecipazione massiccia di nuove leve di studiosi e ricercatori per cui è senz'altro apprezzabile l'iniziativa ed il coinvolgimento di forze nuove. Gli studi sulle diocesi trovano in questo testo un momento evolutivo rispetto agli ultimi lavori italiani proposti nell'ambito nel progetto GDRE (Groupement de Recherche Eurpéen). Nel quadriennio 2010 e il 2013 il gruppo di ricerca internazionale, coordinato da Dominique Iogna-Pratt ha promosso incontri e scambi internazionali sul tema diocesano. Parteciparono diverse equipe di studio (Francia, Inghilterra, Italia Portogallo, Ungheria). L'Italia fu rappresentata dalla sola diocesi di Salerno (A. Galdi, A. M. Santoro, Le diocèse de Salerne au Moyen Âge: dynamiques historiques et organisation de l’espace in G. Kiss e A. Maleth (dir.), , La culture juridique au Moyen Âge, «Belvedere Meridionale», 2, MMXV été, Szeged, 2015, pp. 48-78).

2Gli atti del convegno MeCa di Benevento, tuttavia, accolgono interventi che coprono la gran parte delle regioni dell'intera Italia meridionale: Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sicilia. L'approccio degli studi proposti resta, tuttavia, molto eterogeneo e con indirizzi metodologici molto diversi. Le tematiche affrontate sono sostanzialmente quattro: 1) Tema delle origini della diocesi, toccato da Iadanza; 2) Tema geografico-territoriale, argomentato negli interventi di Lonardo, Capolupo, Frisetti, Schirò; 3) Tema ecclesiastico-istituzionale, discusso da Macchione, Tagliente, Loffredo, Beccia e D'Angelo, sebbene quest'ultima tocchi anche la tematica territoriale; 4) Tema patrimoniale, storico artistico e monumentale delle diocesi sul quale si soffermano Barbaro, Barra, Caldano, Cantarella, D'Anzilio, De Duonni, Rossi, e Vespari.

3Ci si sofferma rapidamente su ogni intervento per menzionare quantomeno gli argomenti proposti. Non viene seguito l'indice del volume ma piuttosto la suddivisione in tematiche.

4La relazione di Mario Iadanza cerca di rintracciare le prime testimonianze vescovili e della cristianizzazione a Benevento indagando fonti scritte e materiali, in particolare graffiti ed iscrizioni. Si sofferma su alcuni individualità vescovile del IV secolo, come Teofilo e Gennaro, e aggiunge alla propria disamina in particolare le fonti epigrafiche citando gli ottimi studi di Felle. Manca la proposizione di uno schema, tavola o tabella cronologica che avrebbe probabilmente reso più agevole la comprensione e più esplicita la disamina. Fra tali iscrizioni 4 sono di IV secolo, 5 vanno attribuite al V, 14 al VI. L’autore affronta il problema della cronotassi vescovile che per il periodo tardo-antico (IV- V sec.) è sempre, costantemente problematica e frammentaria per tutte le diocesi;  l'opera Italia Pontificia dell'Ughelli resta un punto fermo storiografico.

5Lester Lonardo compie un’analisi ad ampio raggio sul territorio diocesano di Telese. Degno dei begli articoli a connotazione territoriale prodotti da due padri dell’archeologia medievale campana quali Marcello Rotili e Paolo Peduto, attraverso i quali tutti gli archeologi che operano in Italia meridionale si sono formati, lo studio prende in considerazione non solo gli aspetti insediativo-religiosi ma anche le difese del territorio (castelli), gli insediamenti rurali e produttivi, la viabilità (considerando il tratto Teanum-Beneventum), oltre che l’impianto e l’azione dei monasteri fra VIII e X secolo.

6Appare anche dalle fonti scritte che fra VIII e IX secolo, in particolare, si possa assistere ad un incremento  degli insediamenti all’interno del comparto geografico considerato. Vengono presentati alcuni approfondimenti su insediamenti specifici come Limata, casale poi fortificato, che ha una sua peculiare evoluzione fra VIII e X secolo. Altri esempi menzionati sono il borgo di “Ponte Sanctae Anastasiae” e il monastero di Sancto Lupolo. Il saggio peraltro è ben corredato da foto e immagini che ho trovato un po’ deficitario in altri interventi.

7Consuelo Capolupo presenta un inquadramento sulla genesi diocesana campana passando poi ad un censimento, secondo i criteri del progetto CARE (Corpus Architetturae Religiosae Europeae), degli edifici di culto rupestri che ricadono nelle province attuali di Avellino, Benevento e Caserta. La schedatura è realizzata sullo sfondo, sempre presente, dei temi istituzionali e di culto che legano tali insediamenti con l’ente diocesano.

8Giuseppina Schirò delinea il territorio della diocesi di Agrigento fra XI e XIII secolo analizzandone il tessuto tra fonti scritte e testimonianze archeologiche in maniera da descrivere l’habitat e la topografia di una diocesi peculiare poiché dal IX secolo visse una particolare situazione legata alla conquista arabo-islamica della Sicilia. La presenza cristiana fu assicurata solo da alcuni monasteri e dal vescovo palermitano Nicodemo. La condizione diocesana si risolse poi con lo stanziarsi normanno, definitivo soltanto dal XII secolo, per cui l’autrice utilizza il termine “rifondazione”. Anche tale saggio è particolarmente scorrevole per il curato apparato delle immagini indispensabile per la comprensione della topografia e degli spazi geografici.

9Alessia Frisetti presenta una ricostruzione delle dinamiche della diocesi di Alife fra fonti scritte, erudite, archeologiche ed epigrafiche centrata in particolare sul patrimonio ed i confini della diocesi. L’autrice analizza la rete insediativa diocesana ed in particolare il rapporto fra edifici monastici urbani e quelli extraurbani del territorio alifano. Anche in tal caso tengo a sottolineare l’accurato apparato ricostruttivo e delle immagini.

10A partire da un breve excursus storico sulla diocesi beneventana, Federica d’Angelo sottolinea come a partire dal 774 la città di Benevento rifiorisca sia dal punto di vista religioso che politico nonché in termini urbanistici e culturali promossi da Arechi II, aspetti ben evidenziati anche nel volume di atti di convegni di Benevento dedicati ai Longobardi curati da Marcello Rotili nel 2017 (Tra i Longobardi del sud). La fondazione di monasteri di grandi e piccole dimensioni assicura sia alla chiesa che ai signori il controllo di fedeli, patrimonio terriero e risorse economiche. La dott.ssa D’Angelo si concentra sugli interessi di ben tre monasteri (San Vincenzo al Volturno, Farfa e Montecassino) all’interno di comparti territoriali del Ducato longobardo ed in particolare nella Campania settentrionale (Sora, Aquino, Arce), in Abruzzo (Chieti, Penne) e anche basso Lazio. È messa in luce, quando evidenziata dalle fonti scritte, la figura dei pontefici ed il quadro è strutturato in maniera da far comprendere gli interessi dei tre grandi cenobi ad collocare dipendenze nella città di Benevento a partire dal VII secolo. Va rimarcato che il saggio si connota per le possibili aperture a diversi approfondimenti futuri di storia, architettura e topografia a cui  per questioni di spazio l'autrice talvolta rimanda sottolineandone il sicuro potenziale.

11Anche la relazione di Antonio Tagliente si dedica alla fragile rete diocesana altomedioevale concentrandosi sui territori di Isernia e di Capua (Molise e Campania). Dall’analisi della documentazione scritta sembra emergere una vicinanza del vescovo sia ai cenobi dell’Italia meridionale che ai signori capuani, tema che sembra tornare con frequenza in tali fonti. Le impressioni di Tagliente appaiono interessanti poiché mette al centro del suo studio il profilo del vescovo Arderigo nell'intreccio politico-istituzionale della metà del X secolo fra principi e dinastia capuana: si distinguono i tratti della carriera di un individuo emblematico poiché svolge anche un'azione politica. Sebbene frammentato viene fuori quindi quell'elemento di novità se non di rottura del X secolo come confermano anche gli studi Jean-Marie Martin.

12L'intervento di Giulia Beccia, muovendo i passi da un inquadramento religioso, storico e geografico della diocesi di Troia (Puglia), sottolinea come componenti ed elementi longobardi penetrino in Capitanata dal punto di vista giuridico e del costume (diritto consuetudinario longobardo). Con il X secolo e la formazione di metropolìe ecclesiastiche si assiste invece alla rifondazione bizantina di Troia grazie a Basilio Boioannes con la creazione di una rete e di una difesa intercittadina, che abbracciava inevitabilmente anche l'intero spazio diocesano, che concorre ad arginare l'espansione longobarda. La disamina della dott.ssa Beccia parte dall'analisi di un documento di fondazione del 1019: a partire da tale momento vengono descritte ed interpretate le varie azioni intraprese dalla metropolìa di Troia in rapporto con la sede di Benevento, da una parte, e con la Santa Sede, dall'altra, che ne segnarono l'indipendenza vescovile. Analitica la lettura dei primi sette privilegi papali, dei privilegi ducali e regali normanni che fecero di Troia una città importante dotandola anche di un castello.

13Mario Loffredo denuncia il ritardo degli studi italiani intorno a certe questioni inerenti il capitolo, i membri del clero ed i canonici ma, mi sentirei di aggiungere, per l'intero sistema di funzionamento diocesano. Concentrandosi sulla diocesi di Salerno l’autore fa riferimento alla garanzia pontificia di privilegi riguardanti gli indumenti sacri per poi delineare certe mansioni di alcuni individui, membri del capitolo salernitano. L'autore tesse la sua disamina fra fonti scritte che non dirimono ambiguità di fondo esistenti fra la mensa arcivescovile e la mensa capitolare, ad esempio, o sull'identità di certi esponenti del clero, o ancora doppiezza fra compiti della “Frateria” e quelli del collegio canonicale nel XII secolo. Restano dubbi anche sull'identità di certi esponenti del clero. Tali controversie non sono dovuti alla mancanza di documentazione scritta ma proprio dalle discussioni e dalle ambiguità che le carte raccontano o evidenziano.

14Antonio Macchione si concentra su particolari intrecci di potere fra i signori di Sinopoli in Calabria che si trovano al centro di dinamiche politiche e religiose nei secoli XIV-XV. Egli pone l'accento sui periodi tumultuosi è tutt'altro che pacifici durante i quali di vescovi e abati rivendicavano privilegi al fine di cercare di sottrarsi il più possibile al controllo comitale. I legami dei signori con alcuni membri facenti parte delle istituzioni ecclesiastiche, difatti, permisero loro di incidere sull'organizzazione della rete di poteri locali sebbene, spesso, tali ingerenze si concludevano in controversie e scontri. Fra gli esempi citati dall'autore l'episodio più rilevante messo in evidenza è lo scontro fra il vescovo di Mileto ed il conte di Sinopoli per il possesso di beni appartenenti al monastero italo-greco di San Bartolomeo di Trigona  che coinvolse monastero, conti di Sinopoli ed episcopato militense per la rivendicazione di beni e privilegi di San Bartolomeo che, peraltro, è possibile seguire nella annessa appendice documentaria prodotta dall'autore.

15Passando agli interventi inerenti il patrimonio  storico artistico delle diocesi, Elisabetta Barbaro propone alcune osservazioni sul pontificale (testo sacramentario) conservato presso il Museo Diocesano di Salerno affrontando, in particolare, i temi inerenti la committenza di coloro che realizzarono il manufatto e la cronologia di esecuzione sulla quale non v’è accordo fra gli studiosi. I realizzatori, difatti, furono plurimi e non uno soltanto come ritenuto fino agli anni ‘50 del secolo scorso. Molto apprezzabile a mio avviso  anche la disamina araldica fin troppo spesso emarginata dagli studiosi moderni.

16Antonio Barra propone alcune interessanti riflessioni sull’exultet, datato al XIII secolo, del Museo Diocesano di Salerno. In particolare l’autore si basa su dei confronti con alcuni manoscritti di Cava (come aveva già rimarcato Mario Rotili) allargando poi l’indagine tanto da delineare analogie produttive  e di contatto con l’area del basso Lazio e con la Sicilia.

17Marina d’Anzilio si dedica allo studio del monumento funebre di Enrico II Sanseverino, ubicato presso Teggiano in provincia di Salerno, membro della famiglia nobile fra le più potenti del Mezzogiorno basso-medievale. Nel testo l’autrice si sofferma sui caratteri genealogici e territoriali della famiglia enunciandone anche i monumenti funebri laddove conservati e di rilievo. Nell'analisi del monumento trecentesco di Enrico II viene rimarcato correttamente l'elemento celebrativo e di legittimazione dell'arte sepolcrale sul quale l'autrice si sofferma.

18Cristina Rossi focalizza il suo intervento sull’analisi di una chiesa della diocesi di Chieti dedicata a Tommaso Beckett, a Caramanico (Abruzzo), con particolare riferimento al cantiere ed alle strutture dell’edificio; il tutto peraltro integrato con elementi storici che rinviano alla committenza dei poteri signorili ed ecclesiastici del tempo: davvero ho trovato il saggio un bell’esempio di applicazione fra fonti scritte, architettura ed elementi decorativi.

19Altro intervento dedicato all’architettura è proposto da Simone Caldano che si concentra sulla cattedrale di Acerenza, in Basilicata, analizzando il contesto storico nel quale sorge la chiesa e dedicandosi poi a trarre impressioni e a proporre nuovi spunti su planimetria, volumetria e cantiere architettonico.

20Dario Cantarella prende in esame gli affreschi della Chiesa della Santissima Annunziata di Minuta a Scala (provincia di Salerno). Il testo entra in medias res mantenendo uno stampo più tradizionale. Ho riscontrato stimolante l’impegno da parte dell'autore di analizzare anche elementi di cultura materiale raffigurati negli affreschi.

21Il saggio di Simona Vespari come quello di Dario Cantarella, è di tipo più classico, rivolto ad un territorio martoriato da terremoti come quello calabrese. Lo studio è volto alla comprensione dell'opera di un maestro anonimo, “giottesco” verosimilmente napoletano, sulla base di confronti stilistici, e delle sue tappe in Italia meridionale. Fra le opere davvero rilevanti e di grande qualità del maestro, la dormitio tropeana è l'opera su cui si sofferma di più l'autrice.

22Infine Veronica de Duonni chiude gli interventi lasciando poi spazio al lavoro paziente dell’apparato bibliografico. L'intervento prende in esame un manoscritto con valore fortemente identitario per la chiesa beneventana conservato nella Biblioteca Capitolare di Benevento. L'analisi è di grande interesse per l’interpretazione al contempo paleografica e storico-artistica; essa dimostra come integrare l’analisi complessiva di uno stesso manufatto con osservazioni scaturite da diverse angolazioni e prospettive sia sempre eccellente chiave di lettura, fortunatamente sempre più diffusa fra gli studiosi, in specie più giovani, sebbene rischiosa in quanto tale approccio contempla la capacità, se non la competenza, di metodologie diverse.

23Dalla lettura degli interventi emergono alcuni problemi comuni fra le diocesi del meridione d'Italia: le origini oscure e lacunose di vescovi di incerta provenienza per i periodi tardoantico e altomedievale mentre, per cronologie più tarde, si assiste al sorgere di tanti problemi legati al particolarismo che connota il pieno medioevo. Credo e spero, ad ogni modo, che l'eterogeneità degli interventi di questo incontro possa portare a nuovi dibattiti all’interno di cornici cronologiche più specifiche. Proprio l’esempio francese cui si accennava, mutuato e adattato al territorio italiano, difatti ha portato a studi recenti ottimi come quelli proposti da Antonio Antonetti sulla Puglia e sul Regno in epoca angioina (A. Antonetti, I vescovi e la territorializzazione delle diocesi di Puglia, Molise e Basilicata tra XIII e XIV secolo. Appunti sul problema, "Rivista di Storia della Chiesa in Italia", 2018/2, pp. 379-403; A. Antonetti, Per una prosopografia episcopale nel Mezzogiorno angioino. I risultati di Puglia, Molise e Basilicata (1266-1310), "Mélanges de l'École Française de Rome. Moyen Âge", 131-1 (2019), pp. 207-228).

24Un’ulteriore nota estremamente positiva da cogliere nelle relazioni è l’utilizzo di ogni tipo di fonte per cercare l’approfondimento: le analisi epigrafica, architettonica delle chiese cattedrali e araldica, integrano le proposte dei relatori del convegno mentre talvolta, in altre sedi e giornate di studio, alcuni saggi lasciano interpretazioni in sospeso, in stato lacunoso se non chiaramente riduttivo. Con grande piacere si può costatare l’attenzione generale alla cultura materiale, ai risvolti architettonici, alla geografia diocesana ed alla topografia che restano campi di condivisione accomunanti per lo storico della documentazione scritta, l'archeologo e lo storico dell'arte.



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Alfredo Maria Santoro, « Presentazione del volume Le diocesi nell’Italia meridionale nel Medioevo. Ricerche di storia, archeologia, storia dell'arte, a cura di Maria Cristina Rossi, Veronica De Duonni. Volturnia edizioni, Favia di Modugno (Bari) », Mémoire des princes angevins 2019, 12  | mis en ligne le 26/12/2019  | consulté le 22/11/2024  | URL : https://mpa.univ-st-etienne.fr:443/index.php?id=439.