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Serena Morelli,

“Un santo dai tre nomi”: qualche riflessione a proposito di un volume su Ludovico d’Angiò

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1Il volume Da Ludovico d’Angiò a san Ludovico di Tolosa. I testi e le immagini a cura di Teresa d’Urso, Alessandra Perriccioli e Daniele Solvi, esce ora presso il Centro Italiano di studi sull’Alto medioevo di Spoleto e raccoglie gli atti di un convegno organizzato tra Santa Maria Capua Vetere e Santa Chiara a Napoli, per celebrare il VII centenario della canonizzazione (1317-2017).

2Il volume segna una tappa decisiva nella storiografia su San Ludovico, la cui figura viene delineata a tutto tondo con il ricorso ad una varietà di fonti ed una pluralità di approcci che ne costituiscono sicuramente la cifra ed una delle sue principali qualità. Ne consegue, ed è il secondo dei numerosi pregi di questo volume, un fitto dialogo tra discipline diverse, che offre lo spunto per alcune riflessioni metodologiche e confronti tra approcci disciplinari, non sempre in comunicazione, ma tutti coinvolte nella straordinaria vicenda di San Ludovico di Tolosa. E’ bene anticipare che il risultato mi sembra corale e, sebbene non manchino diversità di vedute e benefiche letture divergenti, la figura di Ludovico di Tolosa viene inserita con la sua peculiarità e la sua eccentricità all’interno di quel processo di disciplinamento della società, che già all’inizio del XIV secolo segnava alcune tappe fondamentali.

3I 20 contributi del volume, pur affrontando temi e problematiche differenti sono uniti, così, da un filo rosso che fa assumere al volume i tratti di una monografia, nella quale vengono affrontate questioni di grande complessità interpretativa, che offrono numerosi spunti di riflessione sul piano storico e storiografico.

4Due sono le fonti che occupano, su fronti differenti, un posto centrale e incontrastato nella vicenda di Ludovico : la Pala di Simone Martini e la Sol Oriens. Intorno a questi due punti di riferimento si collocano una miriade di fonti agiografiche, iconografiche, legislative, giuridiche, liturgiche che spaziano dalle oreficerie ai manoscritti miniati, ai reliquiari, agli atti del processo, ai capitula degli interrogatori, alle lettere di petizione, ai sermoni, ai miracoli, agli atti legislativi. Ecco, questa è forse la prima cosa che colpisce il lettore: raramente si incontra in un volume una così grande pluralità di fonti, che dialogano a distanza, si potrebbe dire, e che si incontrano e a volte si scontrano in un gioco di rinvii nel quale l’approccio filologico ed il rigore della ricerca storica fanno da motivo comune.

5Ma la questione della documentazione si pone non solo per la loro variegata tipologia ma anche e soprattutto per le numerose operazioni di costruzione e di ricostruzione di fonti che vengono “smontate” in funzione di una ricerca che non lascia spazio alle approssimazioni. Così le tappe di “avvicinamento” alla Sol Oriens segnano altrettante tappe di costruzione di una vicenda che si staglia, mi sembra, nella storia della agiografia, come una delle maggiori e più imponenti operazioni culturali del tardo medioevo, gravide di conseguenze sul piano religioso come sociale e politico : come una matrioska, lettere di petizione, quesiti, interrogatori e liste dei miracoli sono l’uno dentro l’altro in un quadro nel quale la scrittura codifica e ricompone in funzione della bolla quanto era accaduto ed era stato prodotto nel corso dei circa 20 anni che durò il processo. La lettura avvertita degli autori del volume va alla ricerca di tracce di oralità, di sminuzzamenti di documenti, come dice Solvi, di comparazioni tra la pratica legislativa regnicola e le “forzature” giuridiche del processo di canonizzazione (come mostra Vinni Lucherini), di artifizi retorici (come si legge nel bel saggio di Marco Guida) e riesce così a rileggere le fonti, ad inserirle nel complesso contesto storico nel quale sono state create e a rendere più evidente la rappresentazione che di quel contesto esse vogliono dare.

6Ma nei saggi pubblicati si leggono anche tanti nomi, alcuni più altri meno conosciuti: le metodologie prosopografiche e l’attenzione per i personaggi che contribuiscono alla traslatio, che partecipano al processo di canonizzazione, o che animano le botteghe artistiche mostrano in alcuni casi un approccio metodologico altrettanto utile per delineare i protagonisti della vicenda e la fitta rete di relazioni intrecciatesi sin dall’inizio tra le élites dell’entorurage angioino, gli ambienti religiosi e la presenza, più in generale, di un gruppo solido, attivo, e colto di artisti e letterati che fungono da cerniera tra le aspirazioni dei regnanti, gli ambienti monastici e la corte dei papi.

7Si tratta di uomini esponenti dell’aristocrazia provenzale e del seguito francescano del giovane principe (Raimon Jaffre e Raimon de Gringac); di Raimond Porcelet, che non fu compagno di prigiona ma che era esponente di una delle famiglia vicine all’ impresa napoletana di Carlo I; di Pierre de Cateneto, appartenente ed una famiglia della piccola aristocrazia provenzale, pure impiegata nel regno di Sicilia a vario titolo nell’amministrazione, ed il cui padre fu vicario di Marsiglia nel 1298; e ancora di Hugue de Vicinis beneficiario di una visione miracolosa nel convento dei frati minori a Marsiglia, confermata da Raimon de Baux , celeberrimo senescallo di Provenza: questi sono solo alcuni dei nomi altamente evocativi di un gruppo di potere vicino ai sovrani e che contribuiscono oggi con la loro presenza, la lor formazione ed i loro percorsi, a delineare e con forte vivacità il quadro della società nella quale la vicenda di Ludovico venne costruita.

8Sotto questo aspetto, e vengo al secondo punto di questa breve riflessione sul volume, mi sembra che ci sia un filo rosso comune a buona parte dei saggi : dietro la vicenda di San Ludovico si registra la convergenza di interessi tra i sovrani angioini, alcune frange del movimento francescano, le aspirazioni del papato e di forze sociali e politiche forti, tanto forti da condizionare e favorire alcuni eventi, come le élites della città di Marsiglia. Si tratta di apporti storiografici che vanno ad incrementare quanto da tempo si produce anche in altri ambiti di ricerca e con altri approcci ma nel volume offrono nuovi spunti di ricerca.

9Per quanto riguarda la città di Marsiglia, ad esempio, gli studi della scuola di Aix hanno da tempo mostrato quanto la relazione che nacque tra interessi delle elites cittadine e i bisogni dei sovrani di affermazione in città favorì la nascita di processi identitari che passavano anche per la promozione di processioni e culti civili. Ma la crescita politica della città è da collocarsi nella metà del XIII secolo e nel volume vengono approfonditi alcuni aspetti prosopografici dei protagonisti della vicenda della traslatio del corpo di Ludovico da Brignoles, dove morì, a Marsiglia. Si indaga in questo modo nell’antefatto, si potrebbe dire, della nascita del legame tra Marsiglia e San Luigi e si intravede nell’incidenza della predicazione mendicante e di alcune correnti francescane degli aspetti decisivi che modificano gli equilibri all’interno delle fazioni dell’ordine.

10Il tema dell’influenza e della prevalenza di alcune correnti francescane su altre è presente in molti saggi. Quello che emerge, mi sembra, è l’intricato gioco politico che sta dietro la vicenda della canonizzazione. Un gioco politrico volto alla conquista della preminenza tra gruppi di potere dagli interessi in parte divergenti, ma tutti accomunati dalla “necessità” o dalla “convenienza” alla promozione del Santo : dissidi all’interno dell’ordine; pretese dirigistiche del papato; scontri per la supremazia tra monarchia a papato.

11Il filo rosso delle complesse relazioni interne al francescanesimo e della posizione acquista dal papato è presente in buona parte delle relazioni, sebbene in forme differenti. E’ un tema importante e gravido di conseguenze nel quale Giovanni XXII diventa protagonista di una questione strettamente legata a quel “francescanesimo di corte” che assunse tratti sfumati e variegati nel corso della monarchia angioina, ma che fu decisivo per favorire “ quell’inestricabile intreccio tra dimensione religiosa e dimensione politica”, di cui ha parlato da tempo Jean Paul Boyer, e che fu la cifra della Corona e trovò nel regno di Roberto la sua maggiore concretizzazione. Dentro questo quadro la promozione di un santo di famiglia, l’assimilazione al più noto Luigi, pure esponente della famiglia, tanto quanto la creazione di monasteri, l’incoraggiamento alla predicazione, e, al tempo stesso, interventi di natura decisamente politica e amministrativa convergevano tutti verso il medesimo obbiettivo di catturare il consenso dei sudditi, anche attraverso l’esemplarità dei propri comportamenti.

12Da questo punto di vista la vicenda di San Luigi, come mostrano numerosi saggi presenti nel volume, consente di affrontare il nodo delle relazioni tra papato e sovrano angioino e costituisce anche una delle chiavi di accesso alla complessa e del tutto peculiare forma di governo e teorie della sovranità che furono proprie della monarchia napoletana.

13Si tratta di un tema interessante e ricco di risvolti, foriero di nuove strade di ricerca, che è al centro, oggi, della riflessione degli storici e si collega ad un altro aspetto che mi sembra leghi molte dei saggi presenti nel volume: quello della periodizzazione . I 20 anni trascorsi dalla morte di Ludovico alla canonizzazione sono anni cruciali per l’occidente medievale sia sotto il profilo economico che politico e culturale. Sono gli anni della congiuntura i cui riflessi nell’organizzazione della società medievale sono stati di recente al centro di numerosi interventi. Ecco da questo punto di vista mi sembra che numerosi spunti emergano anche dai saggi presenti nel volume : sia che si tratti dei cerimoniali di canonizzazione (studiati da Cobianchi), delle relazioni tra francescani e papato, sia che si tratti delle trasformazioni del gusto delle oreficerie, e delle relazioni artistiche e culturali con le diverse aree dell’orizzonte geopolitico angioino, quello che si staglia negli anni ‘20 del Trecento è un mondo molto diverso da quello del secolo precedente ed è un mondo nuovo anche per il Mezzogiorno e per la monarchia angioina. Tramontati i regni di Carlo I e di suo figlio, tutti incentrati sulla presa del potere nel Regno e su una politica di espansione multidirezionale volta all’affermazione della casata, il governo di Roberto nasce in un contesto profondamente diverso e si misura con altre aspirazioni. Paradossalmente tanto più alte quanto più deboli erano le basi “giuridiche” del suo potere. E’ noto infatti che nonostante l’accordo tra Carlo II e Bonifacio per la designazione di Roberto non mancarono dissidi che emersero poi apertamente in seguito alla metà del 300. Lo scontro con Arrigo VII imponeva ai sovrani angioini alcune scelte di campo e una’accellerazione, se così si può dire, su un’idea di sovranità molto più consapevole di quella dei predecessori, ma anche molto più bisognosa di legittimità. L’adesione del terzo sovrano angioino a quel “blocco guelfo” che pervase la penisola italiana all’inizio del Trecento, e che diede spazio alle teorie anti-imperiali, accentuava il bisogno di ricevere l’appoggio delle comunità dei francescani, tanto quanto degli altri ordini mendicanti.

14Sotto questo profilo, mi sembra che negli atti del volume due questioni emergano sullo sfondo e spingano ancora verso le ricerche che da tempo segue Jean Paul Boyer : il ruolo politico ed istituzionale e religioso svolto in questa vicenda dalla regina Sancia, la cui figura resta un po’ marginale e nascosta tra le pieghe delle relazioni proposte, e che pure svolse una parte decisiva nell’orientamento religioso del marito, nella gestione delle relazioni con il movimento francescano e con il papato, nell’organizzazione del regno ; l’attenzione complessiva che la monarchia mostrò verso gli altri ordini mendicanti. Come Jean Paul Boyer ha dimostrato, per comprendere meglio l’attitudine dei sovrani angioini, al culto del fratello, va accostata l’attenzione che Roberto mostrò, con i domenicani, per la canonizzazione di Tommaso d'Aquino : Tommaso d'Aquino, teologo e regnicolo, raccordava la monarchia al popolo ; Ludovico di Tolosa potenziava invece la grandezza della famiglia (che già aveva un santo in famiglia) e, nel contempo, contribuiva, con la sua rinuncia, a legittimare la successione al trono di Roberto.

15Ecco queste considerazioni mi consentono di avviare alcune considerazioni su un altro tema che emerge dalla lettura dei saggi del volume e che mi è molto caro: quello dello spazio angioino, questo insieme di terre, di regni e di organismi politico-istituzionali sfuggente a qualsiasi titolo e sui quali la monarchia angioina a vario titolo esercita un’influenza che fu determinante per la nascita di una comune cultura europea e che sembra autodefinirsi proprio attraverso la circolazione di uomini, artisti, artigiani, ufficiali e fedeli dell’entourage del sovrano e vicini agli ambienti monastici e attraverso la propagazione del culto di San Luigi, in forme e tempi differenziati, come ha ricordato Vauchez, anche in aree meno collegate tra loro come l’Ungheria e l’Aragona, in contesti molto ben delineati dalle relazioni di Delmas, Szakacs e Horowski. Sono segnali, strumenti euristici decisivi per comprendere le vicende e le trasformazioni dell’Occidente tardomedievali, nelle quali ancora in pieno Quattrocento l’idea di sovranità e le forme della ricerca del consenso messe in atto dalla monarchia angioina costituiscono un esempio da seguire anche per le monarchie ben più laiche e meno legate al papato, che si affacciano sullo scenario europea.

16E allora se André Vauchez ha mostrato quanto la figura poliedrica del principe angioina sia ancora al centro di scoperte nel campo dell’agiografia della predicazione e della storia della spiritualità, mi sembra di poter dire che anche nel campo della storia del potere e della trasformazione del concetto di sovranità, che è al centro delle vicende politico istituzionali degli stati compositi del tardo medioevo, il santo dai tre nomi, Ludovico d’Angiò, san Luigi di Tolosa, san Luigi di Marsiglia, offra ancora molti spunti di ricerca come mostra il bel volume che oggi viene pubblicato, impreziosito da un ricco apparato iconografico e dall’indice, curato da Giuseppina Giordano. In maniera del tutto originale, esso aggiunge un altro importante tassello documentario, metodologico e storiografico, nel quadro di rinnovamento della storiografia angioina, promosso anche da alcuni importanti progetti finanziati e avviato ormai da circa 20 anni.



go_to_top L'auteur

Serena  Morelli

Università della Campania “Luigi Vanvitelli”

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Serena Morelli, « “Un santo dai tre nomi”: qualche riflessione a proposito di un volume su Ludovico d’Angiò », Mémoire des princes angevins 2013-2017, 10  | mis en ligne le 29/11/2017  | consulté le 19/04/2024  | URL : https://mpa.univ-st-etienne.fr:443/index.php?id=329.